Difesa del suolo con attività forestali e agricole, CIA: "Direttiva UE giusta, ma servono correttivi"

Cia Agricoltori Italiani sostiene da sempre la necessità di un quadro di monitoraggio dei suoli armonizzato a livello UE, che tenga in dovuta considerazione la complessità del territorio europeo. Di conseguenza, CIA considera positiva la proposta di Direttiva della Commissione che, attraverso un’attività di monitoraggio per la raccolta di dati e la definizione di pratiche benefiche per il suolo, persegue l’obiettivo di suoli sani e resilienti in tutta l’UE entro il 2050: "Fermo restando, naturalmente, che non dovrà essere l’agricoltore, in ultima istanza, a dover subire un aggravio degli oneri burocratici sulla sua attività di impresa. Trattandosi di una Direttiva, molto dipenderà anche da come ogni Stato membro deciderà di recepire la norma per raggiungere questi obiettivi. L’auspicio è che l’Italia possa lavorare ad una normativa nazionale adeguata che tenga conto anche delle dovute flessibilità".

Dunque si apre, o si potrebbe aprire, uno scenario fattuale che vede gli "agricoltori custodi del territorio", con effetti positivi anche sul fronte del recupero e valorizzazione delle aree interne e delle zone rurali, tuttavia Cia Agricoltori Italiani dovrà lavorare insieme ai legislatori per migliorare ulteriormente il testo proposto: "Da una prima analisi, ad esempio, emerge la mancanza di obblighi volti a interrompere tutte le maggiori attività che causano la distruzione dei suoli nell’UE, nello specifico l’impermeabilizzazione, ponendo fine, dunque, alla cementificazione di terreni fertili quali quelli agricoli e forestali. Inoltre, andrebbero migliorati alcuni punti della Direttiva: nello specifico l’articolo 4 prevede l’individuazione di “distretti del suolo”, da individuare in tutto il territorio dello Stato membro mediante alcuni parametri. Questi distretti pedologici avranno un ruolo centrale nell’applicazione della Direttiva, va quindi affrontato e chiarito meglio l’aspetto inerente alla loro identificazione specifica e vanno redatte delle linee guida per la produzione di un protocollo attuativo, al fine di determinare il numero rappresentativo dei siti specifici da individuare e campionare".

"L’articolo 7 della Direttiva, invece, stabilisce che per analizzare la salute del suolo gli Stati membri devono applicare i descrittori del suolo, gli indicatori di consumo suddivisi in quattro Categorie (A, B, C e D). In base alla verifica di questi parametri si giunge alla valutazione della salute del suolo prevista nell’articolo 9 della Direttiva. Pertanto, un suolo è considerato sano se tutti i valori dei descrittori del suolo nelle categorie A e B soddisfano i criteri stabiliti. In sostanza, quindi, basta che un solo parametro non sia conforme per classificare il suolo non in salute”.

"Alla luce delle prove scientifiche, che attestano che il 60-70% dei suoli europei sia in condizione di cattiva salute, CIA Agricoltori Italiani ritiene che questo approccio cumulativo possa, dunque, risultare eccessivamente selettivo e penalizzante: "Sarebbe opportuno, in base all’analisi dei parametri complessivi analizzati, invece, prevedere una classificazione della salute dei suoli più articolata, ossia in più fasce in modo che la certificazione rispecchi maggiormente lo stato di salute del suolo. Ciò è appropriato soprattutto alla luce della certificazione volontaria della salute del suolo che lo Stato membro deve attestare e comunicare ai proprietari dei suoli mediante l’istituzione di un meccanismo per la certificazione volontaria".

"La certificazione di buona salute del suolo, se dovessero permanere questi parametri, inoltre, potrebbe essere ascritta ad una fetta limitata di suoli con un conseguente danno economico per la maggioranza dei proprietari e gestori dei terreni privi di certificazione. Infatti, merita attenta considerazione il fatto che, secondo la Commissione europea, non soltanto si verificherà un aumento del valore dei terreni dotati di certificato, ma anche dei prodotti che nascono su tali suoli, in quanto è atteso che il mercato attribuirà valore alla certificazione di salubrità del suolo".

"Inoltre, come si evince dalla Direttiva, la certificazione della salute del suolo potrebbe legarsi anche a quella dei crediti di carbonio, che nel caso di terreni in salute potrebbe essere un ottimo valore aggiunto, mentre nel caso di terreni classificati “non sani” anche per il mancato rispetto di un solo parametro (ma con buona capacità di assorbimento di carbonio e capace di generare quindi un credito) potrebbe di fatto comprometterne il valore in termini assoluti" aggiunge Cia Agricoltori.

"Va fatta poi, una riflessione sull’articolo 16 inerente all’istituzione di un “Registro pubblico” che riporterà l’elenco geo referenziato dei terreni contaminati o potenzialmente contaminati e quindi dei suoli in cattivo stato di salute. Tale prospettiva rischia di generare una pericolosa reazione di contrazione verso l’acquisto sia dei terreni interessati che delle loro produzioni ma, soprattutto, potrebbe influire negativamente anche nei confronti dei siti sani posti nelle immediate vicinanze dei terreni in cattivo stato di salute a prescindere da cause direttamente imputabili ai proprietari o gestori dei terreni in questione".

Infine, riguardo ai terreni contaminati e al grave pregiudizio causato ai proprietari e gestori posti nelle immediate vicinanze dei siti dichiarati contaminati, "va valutata la possibilità di un obbligo al ripristino ed anche al risarcimento ai proprietari danneggiati. In tale contesto e in previsione della possibilità degli elevati costi riguardanti le azioni di bonifica da attuare, la previsione che non vi siano ulteriori finanziamenti specifici da parte della norma lascia perplessi" conclude l'associazione agricola.